La crisi politica al Comune di Agrigento si aggrava di ora in ora. Dopo la clamorosa cacciata dell’assessore Costantino Ciulla, notificata con il messo comunale, Fratelli d’Italia ha congelato i suoi assessori e si prepara a decidere se rompere definitivamente con il sindaco Francesco Miccichè.
In queste ore prende corpo un’ipotesi finora sussurrata solo nei corridoi: portare in Consiglio comunale una mozione di sfiducia contro il sindaco. Una mossa che, se sostenuta non solo dai Meloniani(5) ma anche da Forza Italia(4), Democrazia Cristiana(3), UDC(1), Lega(1), Indipendenti(3)(Firetto, Alfano e Brucculeri e il polemico Vaccarello(1) potrebbe raggiungere la soglia dei due terzi(16) dei consiglieri necessaria per mandare a casa Miccichè.
Un passaggio che avrebbe una valenza più politica che pratica, visto che in ogni caso la città tornerebbe al voto soltanto nella primavera 2026. Ma la sfiducia rappresenterebbe un colpo durissimo, una bocciatura definitiva a quello che molti ormai definiscono “il sindaco più scadente della storia di Agrigento”, paradossalmente anche il più “ricco”, avendo gestito le ingenti risorse del PNRR e i fondi di Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025.
A fotografare l’umore della maggioranza è stato uno degli uomini di fiducia del deputato Roberto Di Mauro, il consigliere comunale Angelo Vaccarello, da tre consiliature a Palazzo dei Giganti. In un post su Facebook, Vaccarello ha scritto:
“Andiamo subito alle elezioni così finiscono ste barzellette”.
Un commento che gli va riconosciuto per onestà intellettuale: siamo certi che, se Ciulla fosse stato un suo compagno di partito, Vaccarello avrebbe fatto di questa vicenda un caso nazionale, difendendo il collega con forza. Perché quello che è capitato a Ciulla oggi potrebbe capitare domani a chiunque. Ed è evidente che non è un bel modo di fare politica.
Il paradosso è ancora più forte se si pensa che Miccichè non ha esitato a tenere in giunta figure rinviate a giudizio, persone condannate dalla Corte dei Conti e assessori che hanno ammesso, insieme a lui, di avere deciso l’acquisto dei famosi SUV con i fondi della solidarietà sociale, senza mai notificare alcun atto di revoca o prendere le distanze pubblicamente.
E nel frattempo, chi rischia di andare a casa non è solo il sindaco ma l’intero Consiglio comunale, che come sempre si vedrà recapitare il bilancio senza il tempo materiale per aprire e leggere le oltre mille pagine che lo compongono (👉 leggi l’approfondimento). Una prassi ormai consolidata che certifica l’assenza di rispetto per il ruolo dei consiglieri e per la stessa democrazia cittadina.
La partita, a questo punto, si gioca tutta dentro Fratelli d’Italia: restare ancora nella giunta più fragile e isolata della storia recente o staccare definitivamente la spina, segnando la fine politica di Miccichè.
Quel che è certo è che la pazienza in Consiglio comunale è ormai al limite. E Agrigento, dopo anni di degrado e occasioni sprecate, sembra chiedere una sola cosa: voltare pagina il prima possibile.
